I Pugilatori dei Musei Vaticani
Creugante e Damossene, ovvero i mitici pugilatori, anzi, più precisamente i “pancrazisti”.
L’antica arte del “pancrazio”, dal greco “pan” tutto, e “kratos” potenza, era una disciplina atletica, un agone, che potremo descrivere come l’unione tra pugilato e lotta libera, in cui vinceva chi riusciva ad immobilizzare e sottomettere definitivamente l’avversario. Ogni azione, tecnica e trucco, era considerata lecita, tranne mordere ed accecare. Gli atleti combattevano a mani nude, senza limiti di tempo, fino alla resa dell’avversario. Il premio ambito era una corona d’ulivo, ma anche anfore d’olio e persino del denaro. Ma soprattutto si poteva ottenere fama imperitura venendo immortalati in una statua che ne celebrasse le gesta.
Scopo della contesa era dunque la supremazia, non la morte dell’avversario, e leggi severe privavano dell’onore della corona chiunque uccidesse il rivale. E dunque la storia di Creugante da Durazzo e Damossene da Siracusa, acquista tinte ancora più fosche perché la regola suprema fu infranta.
Combattevano a Nemea, nei Giochi dedicati a Zeus, che si disputavano ogni due anni. Era luglio e il gran caldo fiaccava le forze, eppure il combattimento non giungeva mai ad una svolta risolutrice, passavano le ore e non c’era ancora un vincitore. I pancrazisti decisero quindi di darsi alternativamente un forte colpo; Creugante fu il primo ad agire e quando fu il turno di Damossene, questi ordinò all’avversario di attendere il colpo col braccio destro alzato sopra la testa e poi gli sferrò un fendente con la mano destra, aprendogli il fianco con le dita, strappandogli le viscere dal corpo e causando la morte del rivale. L’orrore assalì gli astanti che decretarono l’esilio per Damossene e la vittoria postuma per Creugante.
Antonio Canova interpreta il mito alla sua maniera, donando ai contendenti la perfezione atletica, sottolineata da una conoscenza esemplare dell’anatomia. E’ una celebrazione di forza titanica, di eroismo ma anche di estrema brutalità che traspare dal volto contorto di Damossene, pronto ad infrangere ogni regola pur di ottenere la vittoria.
Non si tratta quindi della rappresentazione dell’equilibrio classico tipico di Canova ma dell’esaltazione della massima carica espressiva fino alla distorsione dei lineamenti.
Le statue fanno bella mostra nel luogo più iconico dei Musei Vaticani, ovvero il Cortile Ottagono che ospita capolavori antichi quali il Laocoonte e l’Apollo del Belvedere. Ed è proprio per risarcire il Vaticano delle spoliazioni napoleoniche che avevano portato a Parigi, al Louvre, i capolavori dell’arte classica, che Pio VII acquistò da Canova i due pugilatori. L’arte contemporanea doveva dunque risarcire il lutto di quelle sale desolatamente vuote.