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Una “Piccola Gerusalemme” nel cuore della Maremma

Una “Piccola Gerusalemme” nel cuore della Maremma

Sono guida turistica di Firenze da diversi anni ormai, e noto spesso come la mia clientela di origine ebraica, che sia nord americana o europea, includa sempre un tour ebraico durante i propri viaggi all’estero.

Sebbene le tracce visibili (e spesso anche quelle immateriali) del passato ebraico in Europa siano spesso scarse, quando non del tutto erase dagli esiti delle note e drammatiche vicende storiche di questo popolo, il visitatore ebreo fin troppo consapevole di questo, si accontenta anche solo di sparuti segni, di una manciata di lettere ebraiche incise su un’antica lastra lapidea o persino della semplice evocazione di un ricordo.  Le ragioni che spingono ebrei di ogni età e provenienza a questa sorta di “rituale” sono molte, alcune ovvie, altre meno.  Il desiderio di riscoprire e ritrovare le proprie radici, anzitutto, specialmente per i cittadini non europei, ma anche la volontà di supportare la preservazione della cultura e la tradizione ebraica europea, seconda, cronologicamente e per importanza, solo a quella della “Madre Patria”, Eretz Israel.

L’Italia in tal senso, conserva un patrimonio incredibilmente abbondante e variegato di memorie ebraiche, sia architettoniche che artistiche e letterarie, per tutta una serie di vicende storico-politiche che ne hanno scongiurato la distruzione totale nel corso dei secoli.  Non solo i più noti e magnificenti esempi del Tempio Maggiore di Roma e di Firenze, o le cinque splendide sinagoghe veneziane, per non parlare delle meraviglie architettoniche piemontesi di Casale Monferrato e Vercelli, ma anche delle tante, piccole e meno famose, ma altrettanto interessanti realtà ebraiche sparse un po’ ovunque nella penisola.  Una per tutte, Pitigliano, grazioso borgo abbarbicato su un’altura tufacea, al confine tra Toscana e Lazio, probabilmente fondato dagli Etruschi, che intorno al XVI secolo, divenne luogo di insediamento di una cospicua comunità di ebrei quasi interamente provenienti da Roma e dal Lazio, spinti ad emigrare tanto dalle più favorevoli condizioni di vita offerte dal potere locale, amministrato dai conti Orsini, quanto delle restrizioni anti-giudaiche sempre più insidiose, emanate dai pontefici romani; nel 1556 infatti, il conte Niccolò IV Orsini si mostrò favorevole alla presenza ebraica nei suoi domini al punto da donare un appezzamento di terreno al suo medico personale, l’ebreo David de Pomis, che potesse essere destinato a cimitero per tutti i suoi correligionari.

Alcuni decenni dopo fu costruita la sinagoga e gli ebrei di Pitigliano vissero in buone condizioni e in sostanziale pacifica convivenza con la componente maggioritaria cristiana, mentre in molte altre parti della penisola e d’Europa, la vita degli ebrei era resa molto difficile quando non impossibile ormai da decenni.  Quando però a inizio Seicento, la Contea di Pitigliano fu unita al Granducato mediceo, anche qui la situazione per i circa 60 ebrei (su una popolazione di 2700) si fece difficile; per la dislocazione del ghetto fu scelta la “via di sotto” nei pressi della sinagoga, sviluppandosi in tutta una serie di vicoletti interni e in parte sottostanti sia alla sinagoga che alla cattedrale.  Probabilmente un tempo esisteva un accesso diretto dal ghetto alla sinagoga. Il governatore mediceo Malaspina, imponeva agli ebrei di chiudere la porta del ghetto “la state ad un hora di notte et l’inverno a dui hore”, con “serrami et porte di legno ed i suoi catarcioni” a cui gli ebrei stessi avevano dovuto provvedere.  Gli ebrei pitiglianesi iniziarono dunque ad abitare questa parte del borgo ove trovarono, scavati all’interno del tufo dei locali che riadattarono ai loro bisogno e che oggi sono ancora quasi interamente visitabili, circostanza più unica che rara in Italia e in Europa:  dal luogo per il bagno rituale, creato in  una vasta camera sotterranea dove scorreva acqua piovana, all’interno della quale essi costruirono una vasca per il mikveh, alla cantina per la produzione di vino kasher, e ancora il macello per la macellazione rituale degli animali e il forno per la cottura delle azzime.

Nell’800 la Comunità di Pitigliano divenne circa 1/4 della popolazione di Pitigliano e venne da allora definita la “Piccola Gerusalemme”; in seguito all’Unità d’Italia e all’emancipazione degli ebrei italiani, molti di essi lasciarono la cittadina per trasferirsi in centri maggiori, a Firenze, Livorno o Roma.  Nel 1938 i circa 70 ebrei ancora residenti nella comunità di Pitigliano diminuirono ulteriormente a causa delle leggi razziali del governo fascista e durante le persecuzioni avviate nella II Guerra Mondiale, i circa 30 ebrei superstiti, furono aiutati e nascosti da alcune famiglie cattoliche del luogo che così li salvarono da morte certa.

Negli anni ‘60 del Novecento, la Sinagoga crollò danneggiandosi irrimediabilmente e fu interamente ricostruita nei decenni successivi.  Oggi gli ebrei pitiglianesi si contano sulla punta delle dita di una mano, ma le tracce della loro presenza, della loro storia e anche del loro rapporto con la popolazione cristiana, restano scolpite nel tufo e nella memoria.

 

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