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Un arcobaleno nelle Langhe

La cappella delle Brunate a Barolo, nelle Langhe è una visione cromatica, un’apparizione geometrica inaspettata, di forte impatto, che spicca tra i filari disciplinati dei vigneti, in un paesaggio ondulato dai colori uniformi.
La minuscola costruzione dedicata alla Madonna delle Grazie nel 1914. L’intercessione della Benevola Madre non fu abbastanza forte per i poveri contadini che sfidavano l’avaro e antichissimo suolo langarolo, in cui non cresceva nemmeno una carota, bruciato dal sole d’estate, avvolto dalle nebbie d’inverno, dove i sentieri si trasformavano in torrenti di fango in autunno e i timidi tepori primaverili si alternavano a pericolose gelate, per cui la cappella non fu mai consacrata e da luogo di raccoglimento divenne luogo di raccolta di attrezzi, e di contadini sorpresi dal mal tempo.
Abbandonata e fatiscente, rispecchiava lo spirito del luogo, dove la miseria e la malora convivevano con i contadini descritti nelle storie di Pavese e Fenoglio, testimone solitaria, stagione dopo stagione, delle guerre, della filossera e dello spopolamento. Oggi, la cappella, icona di rinnovamento e ricchezza, ha ai suoi piedi, non più la povera Langa ma un‘infinita successione di vigneti miliardari,
valutati secondo gli ultimi dati del CREA, da 200.000 a 1,5 milioni di € per ettaro, grazie alla monocoltura del nebbiolo, il vitigno dei vini stellati Barolo e Barbaresco, e si presenta come un arcobaleno tra le colline che l’Unesco ha riscattato come patrimonio dell’umanità. La rinascita delle Langhe e della piccola cappella è legata ad una rivoluzione pacifica, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, quando i “Barolo Boys”, piccoli produttori coraggiosi e ribelli sfidando l’opposizione dei patriarchi del vino, portarono il Barolo ad avere riconoscimenti internazionali, grazie anche alle loro innovazioni tecniche ed enologiche. E’ al vino dei Re, re dei vini, il Barolo, prodotto esclusivamente dalle uve nebbiolo delle Langhe, che ora è dedicata la cappella, acquistata negli anni ’70 da una famiglia storica nella vitivinicultura, i Cerreto, che prima di incontrare nel 1997 David Tremlett e Sol LeWitt , artisti portavoce dell’arte concettuale, usavano la cappellina come ricovero per il trattore. Complici il panorama, l’ottimo cibo servito agli artisti, il fascino del luogo e del Barolo, nacque il progetto, senza connotazioni religiose, in stretta relazione con l’ambiente e la cappella fu affidata dai Cerreto ai due artisti che la fecero uscire dall’anonimato.
Le Langhe a colori, nascono dai pastelli stesi sulle superfici interne, dai palmi delle mani di Tremlett, che ha rigenerato con la stessa tecnica altre 3 cappelle nella zona, a Coazzolo, a S.Stefano Belbo e nel 2020 a Serravalle. Le campiture colorate di Sol LeWitt seguono e modulano 
l’architettura esterna, dividendo gli spazi con colori acrilici appositamente progettati e che, dialogando con le cornici di mattoni ed i volumi dell’architettura, esaltando struttura e dettagli. Nel settembre 1999 la cappella rinata divenne simbolo dell’elevazione e valorizzazione della zona Barolo, i cui vini rappresentano la storia di una tradizione che ha radici tanto profonde quanto quelli dei vigneti. Una tradizione che si esprime nella qualità di un vino che può costare anche 1119 € a bottiglia (Barolo Riserva Monfortino di Giacomo Conterno).
Un vino che ha conquistato anche gli artisti che hanno fatto rivivere la cappella, tanto da riceverlo come pagamento per il loro operato, una bottiglia di barolo a settimana, per tutta la vita.

 

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